Riciclo pallet: c’è un’altra strada per ripensare la sostenibilità
Le opzioni di riciclo o recupero per mantenere in vita risorse come il pallet il più a lungo possibile sono oggi molteplici, ma il vero tema caldo è il costante braccio di ferro tra closed loop e downcycling.
Il primo è un riciclo a circuito chiuso e, in quanto tale, rappresenta un processo in cui i rifiuti vengono raccolti, riciclati e riutilizzati per fabbricare lo stesso prodotto da cui derivano. Per molte aziende invece il pallet è soggetto al downcycling di plastiche e materiali eterogenei, ovvero alla creazione di prodotti con un valore economico e di ciclo di vita inferiore rispetto alla singola materia prima utilizzata.
In questa eterna diatriba, in cui resta sempre dietro l’angolo il rischio di cadere nella trappola del greenwashing, Relicyc propone una prospettiva completamente inedita e innovativa per ripensare i criteri di sostenibilità ambientale e di business in un’ottica totalmente nuova. Azienda leader nella gestione del pallet in tutto il processo di recupero, riciclo e ricollocazione del prodotto sul mercato, prevede che il suo fiore all’occhiello, il pallet in plastica Logypal, debba mantenere almeno le caratteristiche della materia prima utilizzata, così da poter essere reimpiegato anche in altri settori, come in effetti accade per ben il 25% della loro produzione di macinato plastico in scaglia.
Con il 100% di riciclato, il 100% di riciclabilità diffusa e una filiera corta, questa realtà unica nel suo genere è infatti in grado di trasformare in pallet, in contenitore, in cestino e in altri articoli il polipropilene rigido a fine ciclo vita, applicando al materiale in ingresso una selezione accurata che gli permette di essere trasformato anche in qualcosa di diverso dal pallet.
“Un po’ di tempo fa, durante un incontro con un’azienda che mescolava fibre sintetiche e vegetali per creare articoli ecosostenibili, chiesi come veniva poi riciclato quel materiale e mi fu risposto in closed loop. Navigando in rete, si può riscontrare quanto spesso quest’ultimo concetto venga affiancato all’idea di sostenibilità. Ma se questo poteva andare bene in passato, quando si contrapponeva il concetto di “circolare” a quello di “lineare”, oggi è un messaggio anacronistico e fuorviante”, spiega il CEO di Relicyc Alessandro Minuzzo.
Durante questi anni molti prodotti in materiali riciclati hanno fatto il loro ingresso sul mercato, mentre la recente demonizzazione della plastica ha portato alcune aziende a sperimentare connubi volti a nobilitare le plastiche o a mescolarle con altre tipologie di materiale, anche organico. Utilizzando materiali eterogenei, anche all’interno delle stesse plastiche, si ottiene un materiale spesso non di facile riciclabilità perché impoverito, appunto, da questo sistema. Quello del closed loop, da concetto originariamente lodevole, oggi può essere utilizzato per mascherare un’ecologia che finisce nel secco indifferenziato.
“Molte aziende che mischiano plastiche dichiarano di essere riciclabili in closed loop, il che è vero ma al tempo stesso limitante secondo la nostra visione aziendale: il materiale deve essere selezionato e utilizzato al meglio per poter poi essere nuovamente riciclato diffusamente, cioè presso tutte le aziende del settore. – prosegue Minuzzo – Il nostro prodotto può essere riciclato da tutte le aziende che stampano pallet ma, al contrario, non tutti i pallet in plastica riciclata che noi attualmente ritiriamo possono essere riutilizzati per il nostro prodotto. Per questo consideriamo tali articoli un “closed loop”, riutilizzabili solamente da chi è possesso della stessa tecnologia del produttore, molto meno diffusa e performante della nostra, oppure da chi è disposto a degradare ulteriormente un materiale già “povero”. Ecco perché ci sentiamo convinti sostenitori dell’open loop, secondo cui un articolo è prodotto con caratteristiche tali da renderlo diffusamente riciclabile”.