Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 su produzione, consumi responsabili e riduzione degli impatti ambientali, è fondamentale la strategia di valorizzazione delle eccedenze alimentari e riduzione di residui e scarti. Per agire, però, è necessario prima di tutto misurarle. Nel settore della trasformazione alimentare, solo il 43% delle aziende italiane misura le sue eccedenze e le percentuali sono simili anche per spreco alimentare. Eppure, la misurazione è già parte della soluzione del problema. L’89% delle imprese alimentari che misurano le eccedenze adotta anche pratiche di donazione o riuso. E nella gestione di residui e scarti, il 49% delle aziende che li misura adotta anche pratiche di riciclo e recupero.
Nonostante la percentuale di aziende che misurano non sia particolarmente alta, nella valorizzazione delle eccedenze, le aziende alimentari di trasformazione risultano molto attive: 8 aziende alimentari su 10 utilizzano già almeno una pratica di economia circolare, tra riuso e valorizzazione di residui e scarti non più edibili. Nello specifico, il 75% adotta forme di riuso, soprattutto donazioni per fini sociali, ma anche vendite su mercati secondari, ritrasformazione o cessione per l’alimentazione animale. In Italia, le grandi e medie aziende della trasformazione donano circa 139mila tonnellate di eccedenze edibili per anno, mentre ne riusano in altra forma altre circa 182mila tonnellate. Pratiche complementari che non si escludono a vicenda, la cui adozione risente molto delle dimensioni aziendali: ben il 70% delle grandi aziende valorizza le eccedenze tramite donazione e altre forme di riuso, mentre la percentuale scende al 47% delle medie e al 31% delle piccole.
In quest’ambito le startup ricoprono un ruolo fondamentale con soluzioni innovative per migliorare la sicurezza alimentare, promuovere un uso più efficiente delle risorse, ridurre gli impatti ambientali, sostenere e tutelare i territori. A livello mondiale, sono 2.270 le startup agrifood fondate tra il 2019 e il 2023 che perseguono uno o più obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, pari al 23% di quelle della filiera agroalimentare, e si concentrano innanzitutto su obiettivi di sostenibilità ambientale, rendendo più efficiente l’utilizzo delle risorse.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi durante il convegno “Sostenibilità alimentare, dalle parole ai fatti. Chi misura, raccoglie!”
“Nel percorso per lo sviluppo sostenibile tracciato dall’Agenda 2030 è fondamentale il ruolo del settore agroalimentare. Negli ultimi anni si è assistito a un miglioramento su alcuni target, ma su altri rimane ancora molta strada da compiere – osserva Raffaella Cagliano, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -. Per raggiungere gli obiettivi prefissati è cruciale l’innovazione per la sostenibilità alimentare, un tema complesso e multisfaccettato che richiede di lavorare su molteplici fronti: favorire partnership e collaborazioni tra settori diversi, investire in ricerca e formazione, promuovere l’assunzione di una piena responsabilità sociale delle imprese del settore in un’ottica di filiera, favorire la produzione di cibo di qualità e accessibile economicamente”.
“Per ogni strategia e azione di sostenibilità alimentare, però, è fondamentale adottare processi strutturati di misurazione dei dati e delle evidenze – spiega Paola Garrone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -. Solo disponendo di dati concreti sulle quantità di cibo in eccedenza e sprecato, infatti, le aziende della trasformazione alimentare possono delineare strategie efficaci per la prevenzione del fenomeno. E, sebbene la misurazione non sia condizione necessaria per la valorizzazione, emerge una relazione positiva: più si misura, più si è indotti a valorizzare eccedenze e sprechi alimentari”.
“Tra le pratiche di valorizzazione con finalità sociali, i programmi di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari iniziano ad essere riconosciuti approcci efficaci per aumentare la sicurezza alimentare e ridurre gli impatti ambientali del sistema alimentare – commenta Marco Melacini, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -. Nel solo 2023, ad esempio, nella città di Milano il progetto degli Hub di Quartiere ha permesso di recuperare oltre 615 tonnellate di eccedenze e ridistribuirle tra 27.000 persone vulnerabili. In alcuni casi, le iniziative di recupero associano anche la trasformazione di scarti in prodotti a valore aggiunto, diventando veri e propri ‘laboratori’ di nuove competenze che favoriscono l’inclusione sociale”.
Sono 2.270 le startup fondate tra il 2019 e il 2023 che operano nel settore agrifood e perseguono uno o più Obiettivi di Sviluppo Sostenibile inclusi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, circa il 23% di quelle che operano in tutta la filiera agroalimentare. L’offerta sul fronte dell’efficientamento delle risorse è molto varia, dalle soluzioni digitali che consentono di utilizzare in maniera più efficiente gli input produttivi nella fase primaria ai nuovi modelli di agricoltura in sistemi verticali e controllati. Il 22% delle startup punta a favorire la tutela degli ecosistemi terresti e d’acqua dolce, altre promuovono il turismo sostenibile e le produzioni locali. Significativa è anche l’attenzione delle startup verso il miglioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale, in particolare per l’incremento della produttività e della capacità di resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici.
“Le startup giocano un ruolo importante nel rispondere alla sfida della sostenibilità alimentare e il ruolo della tecnologia si rivela essenziale per favorire la transizione verso filiere agrifood più sostenibili – dice Chiara Corbo, Direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability -. Solo il 6% delle startup non utilizza alcuna innovazione tecnologica. Spiccano le tecnologie digitali, che abilitano il 57% delle soluzioni proposte dalle startup, dalle soluzioni tecnologiche per l’agricoltura, alle piattaforme abilitate tecnologie Blockchain & Distributed Ledger per la gestione e validazione dei dati di sostenibilità, alle soluzioni di packaging “parlante”, all’eCommerce che abilita le filiere corte. Ma altrettanto importanti sono le biotecnologie, che riguardano il 22% dei casi, ad esempio per la produzione di agrofarmaci e fertilizzanti a ridotto impatto ambientale e per lo sviluppo di alimenti alternativi ai prodotti di origine animale”.
Quasi tutte le soluzioni tecnologiche di misurazione delle performance di sostenibilità presenti sul mercato si concentrano sulla valutazione dei KPI ambientali, ad esempio relativi all’inquinamento, alla quantità di eccedenze e sprechi alimentari, all’utilizzo delle risorse e all’impatto sulla biodiversità. Particolarmente rilevanti sono le emissioni di carbonio e il calcolo della Carbon Footprint, uno degli aspetti di primario interesse per la filiera agroalimentare.
Il 60% delle soluzioni considera anche aspetti sociali, come l’attenzione alla comunità locale e il rispetto delle condizioni di lavoro; il 56%, infine, considera anche indicatori economici. Le tecnologie digitali più innovative vedono interessanti applicazioni nell’ambito della valutazione della sostenibilità delle filiere agroalimentari, in particolare i Data & Big Data Analytics, l’Intelligenza Artificiale & Machine Learning e la Blockchain.
“Le tecnologie di Data & Big Data Analytics sono impiegate dalla maggior parte delle soluzioni presenti sul mercato – spiega Federico Caniato, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -. Intelligenza Artificiale & Machine Learning sono utilizzate ad esempio nell’Image Recognition per la quantificazione del cibo sprecato, identificandolo all’interno dei contenitori dei rifiuti, o per monitorare gli spazi degli allevamenti e comprendere lo stato di salute in tempo reale degli animali. Sono utilizzate poi tecnologie Mobile e quelle abilitate dall’Internet of Things, ma anche Blockchain & DL per garantire l’immutabilità dei dati raccolti e la loro validazione”.
Nelle strategie per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità alimentare, il packaging riveste un ruolo chiave. L’imballaggio è responsabile di un terzo dei rifiuti solidi urbani. I dati Eurostat indicano che nel 2021 in Europa sono stati generati in media oltre 188 kg di rifiuti di imballaggio pro-capite. Si prevede inoltre che i rifiuti di imballaggio potrebbero aumentare del 19% entro il 2030 e, con essi, gli impatti ambientali correlati.
“La ricerca verso un nuovo modello di packaging sostenibile è necessaria, ma non semplice, perché va oltre la mera sostituzione dei materiali – afferma Barbara Del Curto, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability-. È necessario adottare un approccio integrato che consideri l’intero ciclo di vita dell’imballaggio, il suo impatto ambientale, sociale ed economico, e considerare tutti gli aspetti del packaging sostenibile, ossia la conservazione ambientale, la sicurezza alimentare e il valore sociale. Per affrontare la sfida della sostenibilità nel packaging alimentare, saranno fondamentali le innovazioni nel design degli imballaggi, l’utilizzo di strumenti come il Life Cycle Assessment e l’approccio collaborativo tra gli stakeholder della filiera”.
In questo contesto, la Proposta di Regolamento sul Packaging e Packaging Waste avanzata dalla CE rappresenta un punto di svolta nel panorama normativo europeo riguardante il packaging, stabilendo obiettivi chiari per il riciclo ed il riuso degli imballaggi. Le azioni previste richiederanno investimenti per adeguarsi e innovare agli stakeholder coinvolti. In particolare, l’applicazione dei nuovi modelli di riuso prevista nel PPWR rappresenta una sfida lunga e complessa per la filiera, con sfide che riguardano i temi della tracciabilità, logistica inversa e sicurezza alimentare.