Si chiude in positivo, ma con più di un’ombra sull’evoluzione futura, il primo semestre del 2023 per il comparto calzaturiero italiano, con una crescita del fatturato e dell’export. Sono però le quantità a soffrire: -6,8% quelle esportate e -5,7% quelle realizzate. Battuta d’arresto in maggio e giugno per gli
acquisti delle famiglie, con una prima metà dell’anno su ritmi molto blandi. Questa, in sintesi, la fotografia scattata dal Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici alla vigilia del Micam, il salone internazionale della calzatura dal 17 al 20 settembre 2023 a fieramilano.
Per Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici: “Il rallentamento ampiamente previsto si è infine palesato nel secondo trimestre dell’anno in corso. Al forte rimbalzo del 2021 registrato dopo il crollo procurato dai lockdown e al proseguimento del recupero nel corso del 2022 ha fatto seguito, dopo un avvio 2023 ancora favorevole in gran parte delle variabili congiunturali, una marcata decelerazione. A cominciare dalle esportazioni, da sempre il volano del settore, che nel bimestre aprile-maggio hanno evidenziato, dopo gli incrementi a doppia cifra dei mesi precedenti, solo una debole tenuta in valore, accompagnata da una battuta d’arresto in volume. Nei primi 5 mesi registrano incrementi in valore tutte le principali destinazioni dell’export, ad eccezione della Svizzera che segna un -13,6%, del Regno Unito e del Canada”.
Indicazioni sinora decisamente premianti, malgrado le recenti preoccupazioni per il rallentamento dell’economia nazionale, provengono dalla Cina, dove il prezzo medio, di gran lunga il più elevato tra quello dei principali mercati di sbocco della calzatura made in Italy, indica chiaramente come tali numeri siano legati soprattutto alle performance delle grandi multinazionali del lusso, in un mercato non di facile approccio per le aziende con marchio proprio.
“Si registra inoltre – continua Ceolini – un rimbalzo in Russia e Ucraina, anche se va tenuto conto che il raffronto avviene su un periodo in cui l’inizio del conflitto aveva fatto crollare le vendite verso i due mercati coinvolti. I livelli attuali, nonostante il rimbalzo sul 2022, sono assai vicini a quelli dei primi 5 mesi 2021, peraltro già molto colpiti dalla pandemia, in cui non c’era la guerra. Infine il saldo commerciale, trainato dalle vendite estere, ha sfiorato nei primi 5 mesi i 3 miliardi di euro”.
Sviscerando nel dettaglio il report emerge che nei primi 5 mesi dell’anno l’export italiano di calzature si è attestato a 87,9 milioni di paia, operazioni di pura commercializzazione incluse: 6,4 milioni di paia in meno rispetto al gennaio-maggio 2022. Il prezzo medio al paio, salito a 62,47 euro, segna un +18,2%.
Analizzando le macroaree, sia i partner dell’UE, cui sono dirette 2 scarpe su 3 vendute oltreconfine, che le destinazioni extra-UE evidenziano una crescita in valore e un calo nelle quantità; quelli intra-UE, però, presentano andamenti migliori rispetto agli sbocchi più lontani. Nell’ambito dei mercati comunitari, oltre alla Francia tra le principali destinazioni figurano la Germania, la Spagna e i Paesi Bassi, il Belgio e la Polonia.
Frena il Nord America: malgrado la sostanziale tenuta in valore, USA e Canada evidenziano contrazioni superiori al -20% nelle paia. Trend penalizzante anche nel Regno Unito, già in difficoltà sia nel 2021 che nel 2022. Performance incoraggianti, invece, nel Far East, cresciuto globalmente del +29,4% in valore e del +7,1% in quantità. Evoluzione favorevole negli Emirati Arabi e in Turchia. Il dettaglio per tipologia merceologica mostra andamenti disomogenei in valore e cali generalizzati in volume, con l’eccezione delle pantofole. Il comparto delle calzature con tomaio in pelle presenta un aumento prossimo al +13%.
Sul fronte dei consumi interni, secondo il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca per Assocalzaturifici, dopo un avvio d’anno all’insegna del recupero i tre mesi successivi hanno visto una netta riduzione degli acquisti di calzature da parte delle famiglie, con flessioni particolarmente significative in maggio e giugno. Complessivamente la seconda frazione dell’anno ha registrato cali del -9,8% in termini di paia e del -7,9% in valore, annullando i progressi dei mesi precedenti e portando in terreno negativo il cumulato dei primi 6 mesi.
In merito alla demografia delle imprese, l’onda lunga dell’eccezionale crisi innescata dalla pandemia ha portato ad un saldo negativo di -122 realtà calzaturiere, tra industria e artigianato, nei primi 6 mesi dell’anno dopo il pesante arretramento rilevato a consuntivo 2022. Per quanto riguarda il numero degli addetti, è proseguito il positivo rimbalzo innescatosi lo scorso anno: a fine giugno si contavano 73.665 addetti. Il divario con il consuntivo 2019 è però ancora di oltre 1.200 unità.
Nei primi 6 mesi del 2023 sono state autorizzate da INPS per le aziende della Filiera Pelle 7,5 milioni di ore di cassa integrazione guadagni, in flessione del -5,6% rispetto alla prima metà dello scorso anno, ma il balzo delle ore nel secondo trimestre preannunciano nuove tensioni.
Attese molto caute, infine, per la seconda parte dell’anno, stante il clima di incertezza generale e la debolezza di molte economie mondiali. Gli operatori del campione si attendono in media nel terzo
trimestre un fatturato in calo sull’analogo periodo dell’anno precedente, per la prima volta dopo la ripartenza post-pandemia.

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