Buy now pay later: ad oggi lo usa il 2% delle imprese nelle transazioni B2B
Le aziende italiane B2B sono le prime nella fatturazione elettronica e le ultime nella digitalizzazione della fase di consegna dell’ordine. Un’esigua minoranza, inoltre, utilizza i sistemi innovativi di dilazione dei pagamenti come il Buy now pay later e il request to pay, una formula che prevede l’avvio delle transazioni dai conti dei pagatori su iniziativa del fornitore. Un mercato, dunque, con un’importante potenzialità di crescita.
Il Bnpl è infatti in uso solo nel 2% delle aziende B2B. L’1% usa e conosce il request to pay e un ulteriore 1% li usa entrambi. Il che vuol dire che il 96% non adotta alcuna soluzione innovativa di pagamento, perdendo così l’opportunità di offrire ai propri clienti soluzioni alternative che migliorano l’esperienza di acquisto e permettono una maggiore fidelizzazione. Gli acquisti, nel prossimo futuro, saranno sempre più digitali e multidimensionali anche nel B2B: sempre più aziende vorranno acquistare in maniera frictionless e con modalità di pagamento adatte alle loro specifiche esigenze.
Sono alcuni dei chiaro scuri in cui vivono le imprese italiane nel settore business-to-business per cui, pur avendo iniziato a usare il canale online per acquistare e vendere all’interno della loro catena del valore, restano per lo più appena all’inizio di un processo che ha un potenziale enorme.
In generale la digitalizzazione delle transazioni commerciali è cruciale per migliorare l’efficienza operativa delle imprese. Il tessuto industriale italiano, colonna portante della nostra economia, è composto principalmente da aziende B2B – che vendono quindi ad altre aziende utilizzatrici e trasformatrici o ad aziende di distribuzione. Ed è per oltre il 90% composto da Pmi, per cui l’automazione dei processi è più importante della media: questi fatti da soli spiegano perché il canale e-commerce B2B è un’opportunità. Un’opportunità che richiede un investimento iniziale, non solo economico, ma in termini di cambiamento. Perché per gestire un ordine B2B online è necessario avere un sito o appoggiarsi ad un marketplace, ma soprattutto è necessario aver digitalizzato le fatture e gli ordini di consegna, aver digitalizzato i pagamenti e le rateizzazioni.
E questa digitalizzazione avviene in casi ancora sporadici. Partiamo dai puri numeri sulla dimensione del mercato, attingendo alle ricerche di mercato. Secondo l’Osservatorio Digital B2B della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2022 l’e-commerce B2B ha generato un valore di 468 miliardi di euro, con una crescita del 3% anno su anno e un’incidenza del 21% sul totale del transato B2B italiano, stabile dal 2021 ma in sensibile aumento rispetto al 13% del 2017. Quindi, oggi solo un ordine su cinque è scambiato tramite strumenti digitali. Non solo: è la prima volta che l’incidenza rimane stabile dal 2015, il che indica l’inizio di una fase di consolidamento degli investimenti realizzati durante la pandemia, quando diverse aziende hanno introdotto nuovi strumenti e canali digitali. Ma anche che le aziende, condizionate da un’economia non proprio florida e particolarmente incerta, siano in una fase di attesa sul fronte dei nuovi investimenti.
La ricerca B2B Digital Commerce di Netcomm segnala, in aggiunta, che ben il 61% delle aziende B2B italiane con fatturato superiore a 2 milioni di euro ha un proprio sito e-commerce B2B, aperto o riservato ai clienti attivi, o lavora con i marketplace B2B, in crescita del +12% rispetto a inizio 2021. I canali digitali B2B rappresentano tuttavia per queste aziende l’11% del fatturato complessivo, dato che stimano arriverà in media al 25% nei prossimi tre anni.
Perché le imprese sono così lente nella via della digitalizzazione degli ordini? Perché non si tratta di un’azione semplice ma di un processo integrato che richiede una strategia e un lavoro complesso di cambiamento e che interessa ambiti molto ampi, tra cui le attività di pre vendita e marketing; quelle di lead generation, dove poi la vendita avviene su altri canali; la vendita diretta con proprio sito e-commerce “chiuso”, o la vendita diretta con proprio sito e-commerce “aperto” con modello simile al B2C; la logistica, le modalità di gestione degli ordini provenienti dai canali digitali, i servizi per integrare la supply chain e migliorare le performance dei flussi logistici, degli stock e della pianificazione; i pagamenti e la digitalizzazione dei processi amministrativi e commerciali di gestione del ciclo attivo, sul fronte seller, e del ciclo passivo sul fronte delle aziende buyer. Sono pochissime le aziende che agiscono a tutti i livelli, come dimostrano i numeri.
Se l’Italia vanta un primato europeo nella fatturazione elettronica, è però fanalino di coda per quanto riguarda la fase di consegna: oggi solamente il 34% delle imprese italiane emette Documenti di Trasporto digitali e solo una su quattro li riceve. Il 65% delle imprese possiede un software gestionale ERP, il 60% certificati di firma informatica, il 53% software di conservazione digitale e sempre il 53% software per la gestione elettronica documentale. Il 17% delle imprese italiane possiede un portale B2B per connettersi con i propri partner di filiera e scambiare tutti i principali documenti del ciclo dell’ordine. L’11% delle imprese adotta piattaforme B2B, che permettono di integrare in maniera flessibile in un’unica interfaccia diversi moduli e servizi esterni. Tra le tecnologie digitali per la vendita, invece, il 6% delle imprese utilizza Marketplace B2B, che nel 2022 hanno aumentato del 33% il transato. Sono utilizzati principalmente per vendere prodotti, ma anche come vetrina dell’offerta. Il 18% delle imprese ha un sito proprio B2B su cui i clienti possono visionare o acquistare prodotti o servizi.
È possibile individuare cinque modelli di e-commerce B2B in uso nelle imprese italiane. Nel primo modello la piattaforma funziona solo da vetrina di prodotti e l’ordine viene poi eseguito su altri canali. Nel secondo modello, è possibile ricevere l’ordine attraverso la piattaforma, con l’integrazione dei dati direttamente nell’Erp: una volta verificata la disponibilità si procede alla convalida, alla spedizione e alla fatturazione.
Nel terzo tipo di piattaforma invece il cliente conclude e invia l’ordine attraverso l’applicativo, e il processo di fatturazione e pagamento sono gestiti all’esterno. Il quarto modello prevede una gestione integrata di ogni fase dell’ordine e anche la reportistica finale. Quello che resta escluso è sempre il processo di pagamento. Che rientra invece nell’ultimo e più evoluto modello dove la piattaforma B2B da semplice repository, diventa un vero e proprio hub in cui far confluire tutti i documenti del ciclo esecutivo, indipendentemente dal canale su cui questi sono scambiati. Ma anche nelle piattaforme più evolute questi processi sono ancorati a logiche tradizionali di dilazione dei pagamenti.
Le criticità che impediscono l’integrazione di strumenti di dilazione tradizionali sono diverse: lato merchant, la principale è costituita dalla necessità di impiegare sempre più personale in attività non core dell’azienda a cui si sommano i problemi dell’eccessivo onere di sollecito per i pagamenti non effettuati e tensioni sul fronte della liquidità. Sul fronte dei pagamenti per il buyer, la criticità maggiore riguarda la mancanza di flessibilità offerta dal merchant. Una soluzione in questo senso arriva da Opyn Pay Later, un servizio end-to-end che permette di effettuare dall’analisi creditizia dei clienti fino al recupero del credito. Può essere utilizzato per gestire i pagamenti B2B in maniera flessibile e sicura, permettendo al merchant di massimizzare e semplificare le vendite, migliorare i flussi di cassa, ridurre i costi amministrativi ed i rischi di insoluto; allo stesso tempo offre al buyer un servizio di pagamento innovativo e 100% digitale.
Dall’Osservatorio Opyn, infatti, emerge che le imprese B2B che hanno già intuito le potenzialità dei pagamenti rateali hanno aumentato i tassi di conversione, i valori medi degli ordini e gli acquisti ripetuti.